Il concetto di ortobiologia, settore della medicina rigenerativa, è estremamente innovativo e si può proprio dire che rappresenti per l’ortopedia il passaggio dalla fase metallurgica a quella biologica.
➡ CHE OBIETTIVO SI PONE?
Il principale obiettivo di tale approccio, che vede lavorare in sinergia biologi e ortopedici, è quello di recuperare quanto danneggiato, soprattutto a livello articolare, piuttosto che procedere alla sostituzione con tecnica chirurgica. Questa scelta viene fatta quando l’articolazione è caratterizzata da processi di degenerazione in fase iniziale e media.
➡ QUALI RISULTATI ATTENDERSI?
I risultati si ottengono con diversi strumenti che vanno dai lubrificanti (jaluronati), ai fattori di crescita (PRP: plasma ricco di piastrine) alle cellule mesenchimali autologhe, provenienti soprattutto dal midollo osseo, dal tessuto adiposo e dal sangue del paziente. Le suddette formazioni cellulari sono multipotenti, indi capaci di differenziarsi in maniera specifica a seconda del tessuto che necessita di essere riparato.
➡ ATTRAVERSO QUALI TRATTAMENTI?
I trattamenti in questione vengono somministrati solitamente con modalità infiltrative e possono anche essere ripetuti a seconda della sintomatologia del paziente. In alcuni casi è possibile effettuarli anche durante l’intervento chirurgico.
➡ IL MIO APPROCCIO
Personalmente sono molto affascinato dall’ortobiologia che ho iniziato a studiare a metà degli anni ‘90 presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli, concentrandomi sulle soluzioni utili ai fini della rigenerazione cartilaginea in pazienti che soffrono di displasie ed artrosi, oltre che come fissativi di impianti protesici.
Tengo molto a precisare che essa non si pone assolutamente come alternativa sostitutiva alla chirurgia protesica, bensì, ribadisco, come soluzione per procrastinare nel tempo l’intervento e quindi il mantenimento dell’articolazione il più a lungo possibile.
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